COME CAMBIA IL MODO DI RELAZIONARSI TRA GLI INDIVIDUI ATTRAVERSO LA CONDIVISIONE IN RETE DELLA PROPRIA VITA PRIVATA ATTRAVERSO PAROLE,IMMAGINI E VIDEO.
Quante definizioni si sono sprecate in merito al concetto di web 2.0. Guru della rete, da ogni parte del mondo e principalmente dall’America, hanno scritto libri su libri, volumi su volumi, post e chi più ne ha più ne metta per parlare del web 2.0 e cercare di definire questa nuova forma di vivere la rete e condividere tempo e bit. Da chi vedeva il web 2.0 come la nuova forma di democrazia, a chi vedeva il web 2.0 come la nuova forma di conoscenza di massa, a chi lo vedeva come un semplice passatempo per gente incapace di intrattenere relazioni umane. Insomma molte cose sono state dette e forse molte altre se ne diranno il tutto per poter concludere che non esiste una definizione univoca di web 2.0. Osservando bene che significato abbia assunto nel corso del tempo questa nuova forma di rete, ci troviamo di fronte ad un dato fondamentale: internet è diventato partecipativo.
Wiki,blog,microblogging,social network come it facebook:tutto ciò che può essere uno spazio di discussione, ha preso forma in questa nuova era della rete. Se ciò ha aumentato o sta drasticamente cambiando il nostro nuovo modo di conoscere o fare democrazia forse è un po’ idealistico e utopico affermarlo, ma di sicuro si è radicalmente modificato il nostro modo di relazionarsi. In primis potremo dire che si sta vincendo la relazione tra offline e online: volendo potremo creare un continuum temporale con amici o colleghi senza più alcuna distinzione o interruzione degli spazi temporali di incontro. Se dopo otto ore di lavoro in ufficio assieme la sera ci si ritrova a condividere informazioni in rete o discutere e proporre su forum e Wiki con i nostri colleghi d’ufficio, gli spazi temporali sono praticamente annullati creando un continuum spazio tempo dove le persone sono realmente connesse. Proprio da questo concetto era stato teorizzato poco tempo fa il principio dei mondi persistenti o permanenti che dir si voglia. Un universo parallelo che esiste ed esiste per la nostra persona nonostante una nostra non presenza. L’affermazione racchiudeva in se un qual certo fascino fantascientifico, senza ombra di dubbio, ma peccava in un’affermazione , il parallelismo. Infatti, una di quelle che possiamo definire le due novità del web 2.0 sta proprio non nel parallelismo di universi distinti ma nell’intersecarsi di questi mondi, del mondo online e del mondo offline. L’ altra fondamentale innovazione sta senza ombra di dubbio nello spostamento radicale del concetto di rete da un assembramento di codici e algoritmi alla persona.La rete è nata grazie a studiosi, informatici e matematici, che hanno creato dei sistemi per la navigazione, degli algoritmi di ricerca (di cui Google è senza dubbio il plus non ultra): ora la rete è affare delle persone, vive solo perché la gente la fa vivere, relegando il programmatore ,l’informatico al ruolo di creatore di strumenti. Una sorta di parabola inversa che immaginava il futuro del mondo in mano ad automatismi spersonalizzanti e meccanici e che vede in realtà una rete che vive nella misura in cui le persone la fanno vivere. In questa dimensione si inserisce il Social Networking e in questa prospettiva facebook, attualmente il Social Network più popolato al mondo con circa 120 milioni di iscritti, può essere il capostipite di una nuova forma di web. Una rete dove le macchine sono solo strumento per l’uomo. Niente più che contenitori in grado di contenere tanto materiale ma non in grado di fornire risposte. Per le risposte bisogna affidarsi solo ed esclusivamente all’uomo.
FACEBOOK : IL GOLIA COSTRUITO DAL GIOVANE DAVIDE
Chissà se il giovane studente di Harvard immaginava di creare quello che ora si ritrova tra le mani: Mark Zuckerberg era un semplice studente di una rinomata università americana quando ha pensato che, visto che aveva a disposizione la rete, il famoso libro delle facce, facebook appunto, per ricordare i compagni d’annata dell’università poteva essere messo online e non solo cartaceo. Questa, oltre che essere un’idea che facilita molte trame di polizieschi americani con detective che sfogliano il volume di tutte le foto di profilo dei neolaureati,era un’idea per condividere passioni e sogni all’interno dell’università. Infatti Facebook non è nato per il grande pubblico, ma per le università americane nel lontano (in tempi di rete, ovviamente)2004.
FACEBOOK PUO’ ESSERE IL CAPOSTIPITE DI UNA NUOVA FORMA DI WEB, DOVE LE MACCHINE SONO SOLO UNO STRUMENTO AL SERVIZIO DELL’UTENTE. FORSE ALL’INIZIO NEMMENO MARK ZUCKERBERG POTEVA IMMAGINARE CHE IL SUO SOGNO, POTESSE DIVENTARE REALTA’ IN UN ARCO DI TEMPO COSI’ BREVE.
La cosa poi ha assunto un fascino appetitoso per alcuni business angel che hanno pensato di investire in questo ragazzo che dimostrava una qual certa creatività in fatto di internet. Probabilmente nemmeno lui poteva immaginare che il suo giocattolino universitario, ideato magari dopo una festa con gli amici, potesse diventare un prodotto ghiotto, non solo per la rete, ma anche per multinazionali del carico di Yahoo!, Google o Microsoft. Infatti, non appena questo facebook ha varcato i confini universitari ed è diventato dominio della rete, molti acquirenti si sono fatti sotto ma quasi tutti sono usciti a bocca asciutta. Il più grande diniego forse l’ha ricevuto Google che nonostante tutti i corteggiamenti non è riuscita a spillarne un ragno dal buco. Un piccolo pezzo di torta invece è stato “donato” a Microsoft: una parte irrisoria,l’1,6% di tutto il pacchetto azionario, ma che è costata alle casse di Mr.Gates una cifra come 240Milioni di Dollari dando di conseguenza un valore ipotetico al portale di oltre 20 miliardi di dollari. L’aspetto più irriverente della questione riguarda il fatto che tutte queste maxi aziende hanno rifiutato un affare in Facebook, un affare di proporzioni mastodontiche in mano ad un ragazzino di 25 anni che a prima vista sembra non avere ancora piena coscienza di cosa ha in realtà tra le mani. A prima vista potremmo dire questo, se non fosse che di fronte ad allettanti proposte come quelle ricevute non ha battuto ciglio. Probabilmente qualcosa gli sta frullando nella testa. Resta il fatto che, sempre dopo una prima impressione, Facebook non ha ancora trovato quella che viene definita una business way, una strada per monetizzare, ma resta pur sempre il più grande database attualmente esistente al mondo non solo di persone ma di dati sensibili che gravitano attorno agli utenti stessi. Un database non solo di nomi, ma soprattutto di persone: individui che in quanto tali hanno una storia con se e sono umane. Chissà se Mark Zuckerberg, in quel diniego a Google e al suo assegno a molti zeri, voleva tenersi per se il giocattolino creato oppure aveva intuito che la sua era l’esasperazione più totale e forse il suo punto più alto di un web fatto di individualità, dove le persone condividono se stesse, i loro gusti e le loro passioni in una rete apparentemente decentralizzata e dove la chiave di ricerca non sono più i dati calcolati da complessi algoritmi ma la stessa condivisione degli utenti.
COSMOPOLITI DELLA RETE
Forse la storia non è tutta in bianco e nero, molte sono le aree di grigio e probabilmente Mark Zuckerberg immediatamente non aveva intuito la fortuna di quello che aveva tra le mani. Resta comunque certo che nel corso del tempo il pensiero ha iniziato a prendere forma. Oggi, da un punto di vista economico non è stato ancora ben definito come facebook possa riuscire a monetizzare ciò che rappresenta. Certo, ingressi economici ce ne sono, ma ancora non siamo di fronte a una pianificazione alla Google dove le previsioni sono possibili a molteplici livelli. Resta comunque il fatto che la rete ha vissuto diversi cambiamenti strutturali: forse non tanto per i cambiamenti introdotti volontariamente da facebook ma per una sorta di azioni simbiotica che ha fatto in modo che lo strumento si modellasse sotto la spinta delle azioni compiute dall’utente. Innanzitutto il nome stesso. Facebook possiamo enumerarlo come uno dei primi servizi in rete, se non il primo, che richiedono il nome reale dell’utente: tutti i servizi precedenti si sono basati su una nuova identità, quella che si amava pensare fosse la nostra identità virtuale. Facebook ha umanizzato la cosa, ha reso il proprio nome personale l’unica identità con cui presentarsi in rete,scalzando ancora i vecchi sogni fantascientifici del parallelismo dei mondi tra virtuale e reale. Pensiamo se non altro al concetto fondamentale di amicizia come in facebook abbia cambiato totalmente la sua valenza relazionale e sociologa: l’amico come lo pensavamo prima dei tempi di facebook, e come ancora è inteso da molte persone a livello inconscio, era la persona con la quale si condivideva un rapporto. In facebook cambia totalmente la sua identità: ora, nel social network, l’amicizia è il rapporto che ci permette di essere collegati e ha perso tutto il suo valore di conoscenza reciproca come apertura. L’amicizia nel suo valore ante Facebook era la capacità della persona di aprirsi e condividere, dopo facebook non è tanto il soggetto che si apre con l’amico per condividere, quanto l’amico che si interessa del soggetto andando a vedere sul suo profilo che momento della vita sta passando. La stessa evoluzione del concetto di stato in facebook si è modificata nel corso dei restyling concettuali e grafici del portale: fino a poco tempo fa infatti l’aggiornamento provocava nell’utente una spersonalizzazione portandolo a ragionare in terza persona (la formula era Mario Rossi sta giocando). Ora la formula è radicalmente cambiata a livello di formulazione e nel momento in cui si vuole aggiornare lo stato la domanda guida si è trasformata in un personalissimo “A cosa stai pensando?” . Questo permette all’utente di parlare in prima persona e non esclusivamente in terza persona per dar un senso logico all’aggiornamento. Senza dimenticare la possibilità di creare Gruppi, Fan Page, Eventi o Iniziative di tutte le fatture: questo, questo oltre che ad essere un grande strumento di condivisione per i vari utenti che aleggiano nel network, è uno strumento fondamentale per non uniformare la gente, per dare a ognuno una sua identità. Un’identità cosmopolita, senza ombra di dubbio, una sorta di melting pot in rete dove l’utente A appartiene al gruppo Forza Inter e l’utente B appartiene al gruppo Forza Milan ma entrambi gli utenti sono legati tra loro e condividono lo stesso network. Inoltre, la possibilità di creare eventi ha portato, oltre che a una condivisione dello spazio online, una condivisione dello spazio offline intersecando i due frame di azione in un unico luogo dove online e offline tendono non a sovrapporsi ma a vivere in totale simbiosi l’uno con l’altro. Ecco allora che tutti i timori della psicologia di metà anni 90 sul fatto che internet e la rete sono uno strumento avulso dalla realtà, che isola gli utenti, si stanno rivelando , giorno dopo giorno, illazioni date spesso da una non conoscenza del mezzo, supposizioni non fondate visto la piega odierna che sta prendendo l’evoluzione della rete, del social Networking e del suo capostipite Facebook. In ultima analisi le applicazioni in facebook. Rappresentano uno strumento molto interessante e innovativo nella rete che permette di fare del social network facebook un veicolo che non centralizza tutte le attenzioni su di se ma che apre e porta all’interno della rete. Le applicazioni infatti sono per la maggior parte create da soggetti terzi,aziende o privati che si dilettano in ciò e permettono di intrattenere l’utente in facebook avendo accesso però ai dati del suo profilo in maniera del tutto consapevole da parte dell’utente. Non specchietti per allodole, ma veri e propri consensi dati dall’utente al titolare dell’applicazione che si vuole istallare. Questo strumento è utilizzato in largo uso nel marketing in quanto le aziende hanno un grande interesse a raccogliere dati sull’utenza di facebook. Sono tutte informazioni che un tempo costavano una enormità di tempo e denaro ma che in questo caso sono gentilmente fornite personalmente dall’utente con un tacito consenso. Questo resta ancora tra i punti di forza di facebook: non più dai raccolti come è stato detto precedentemente, ma persone che con il loro nome reale si mettono in gioco e mettendosi in gioco con la loro reale immagine mostrano passioni e lati di se stessi di cui i grandi esperti di marketing vanno da sempre ghiotti per offrire una proposta personalizzata anche a livello pubblicitario.
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